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Quid est Ciociaria? ‘Regnicoli’
contro ‘Papalini’
di
Fernando Riccardi
Cos’è la Ciociaria? Quali i suoi
limiti territoriali? Quando è nata la denominazione? E il ruolo
delle ciocie? E l’influenza del fascismo? Esistono ciociari del nord
e ciociari del sud? E se, invece, si trattasse ancora, proprio come
un tempo, di papalini e di regnicoli? Questi e tanti altri
interrogativi hanno caratterizzato il convegno svoltosi nella
‘cantina’ ottocentosca di casa Corradini, ad Arce. Un appuntamento,
giunto alla quinta edizione, la cui organizzazione è a cura
dell’Istituto di Storia e Arte del Lazio Meridionale di Anagni (Isalm),
uno dei sodalizi culturali più prestigiosi dell’intero comprensorio
provinciale e non solo. Alle relazioni svolte da Eugenio Maria
Beranger e da Ugo Iannazzi, si sono affiancati gli interventi di
illustri studiosi del territorio che, in tempi più o meno recenti,
si sono interessati all’argomento. È venuto fuori un dibattito
vivace, a volte anche passionale, che a stento il pur abile
Gioacchino Giammaria, presidente dell’Isalm, è riuscito a moderare.
Alla fine, però, quel grande punto interrogativo, nonostante le
buone intenzioni di chi, a vario titolo, ha preso la parola, è
rimasto “sospeso etereo e sfuggente nell’aere”. E, francamente,
c’era da aspettarselo. Una cosa, invece, è stata ribadita e anche a
chiare note: malgrado lo scorrere inarrestabile del tempo ancora
oggi esiste, sia pure dal punto di vista cultural-geografico, la
suddivisione, rimasta in piedi fino al 1860, tra ‘papalini’ e ‘regnicoli’.
I primi, ossia coloro che risiedono al di là del Liri, verso
Frosinone, appaiono come gli alfieri dell’identità ciociara,
orgogliosi di essere tali e di sbandierarlo ai quattro venti,
persino sugli spalti del ‘Matusa’, in occasione delle partite di
calcio della loro squadra del cuore approdata, finalmente, dopo
tanti anni di tribolazione e di delusioni, ad un palcoscenico di
tutto prestigio.
Gli altri, invece, quelli che abitano dall’altra parte del fiume e
che fino al 1927, data di nascita della provincia di Frosinone,
appartenevano a Caserta e alla Terra di Lavoro, proprio non vogliono
saperne di essere chiamati ciociari. Il punto centrale di tutto il
discorso sta proprio lì, in quel Liri di dantesca memoria, già tanto
caro ai Romani, che, nel susseguirsi dei secoli, è andato ad
acquistare un ruolo ben più importante della sua stessa connotazione
fluviale. Quel corso d’acqua, un tempo ‘verde’ e limpido, ora
limaccioso, sporco e inquinato, ha costituito fino all’unità
d’Italia, e anche oltre, l’antico confine tra due stati limitrofi;
oggi, però, lungi dall’aver esaurito il suo compito separatorio,
continua a rappresentare, in maniera indelebile, la linea di
demarcazione, l’ermetica cerniera fra la porzione centrale della
Penisola e il meridione. Una barriera naturale, dunque, ma, nel
contempo, storica, culturale, economica, sociale, linguistica, di
costume, che la nascita della provincia di Frosinone non è riuscita
ad abbattere incamerando nel suo unitario grembo territori distanti
e, soprattutto, disomogenei. Una semplice operazione di ‘collage’,
sia pure abilmente studiata a tavolino, non poteva eliminare alla
radice le fin troppo evidenti contraddizioni. Proprio da qui parte
quella differenziazione netta, caparbia, ostinata sull’uno e
sull’altro versante, che non riesce a trovare punti di contatto.
Però, mentre i ‘papalini’ (fino al settembre del 1870 Frosinone era
parte integrante dello Stato della Chiesa) sarebbero disposti ad
accorpare nel ‘progetto ciociaro’ anche il lembo meridionale della
provincia, la media e la bassa valle del Liri tanto per intenderci,
da parte dei ‘regnicoli’ si registra una chiusura netta e totale:
essi, infatti, non si sono mai considerati ciociari né, tantomeno,
hanno intenzione di diventarlo. Questa che abbiamo testé riportato è
soltanto una curiosa ed anacronistica sfida tra campanili oppure
nasconde tra le sue pieghe qualcosa di più pregnante? In effetti, al
di là di alcuni aspetti folcloristici (e qualche intervento ad Arce
lo è stato davvero), la questione è seria e va affrontata con acume
e serietà di intenti.
Qui, infatti, è in gioco l’identità di una provincia, di un
territorio compresso e quasi schiacciato tra Roma e Napoli, che, a
distanza di tre quarti di secolo dalla nascita, ancora non riesce a
svilupparsi in tutta la sua pienezza. È indubbio che il governo
fascista, creando quasi di sorpresa la provincia di Frosinone, sia
andato ad infrangere gli equilibri sociali, economici e culturali
esistenti, compiendo solamente un’operazione di mero assemblaggio.
Grazie all’impegno del governo centrale il ‘concetto’ di Ciociaria
iniziò a prendere forma, a materializzarsi, uscendo dalle nebbie
indistinte nelle quali, fino ad allora, era stato relegato. Il mito
del ‘ciociaro forte, valente e coraggioso’, discendente diretto di
quei Romani che avevano conquistato il mondo, cominciò ad
imperversare in lungo e in largo, agevolato da una politica tutta
diretta a far risaltare la fede fascista della nuova provincia a
fronte degli atteggiamenti tiepidi o, addirittura, avversi che
provenivano dal casertano.
Non è un mistero che Mussolini, dando vita alla provincia di
Frosinone, volle soprattutto punire Caserta, covo pullulante di
riottosi antifascisti. Fu proprio da allora, dunque, che la nuova
provincia diventò ‘ciociara’, senza esclusione alcuna. La
costruzione artificiosa, comunque, rimaneva tale e, perciò, il fuoco
della contestazione, culturale o identitaria che dir si voglia,
continuava a covare sotto la cenere e ad essere ben presente in chi
ciociaro non si era mai considerato. Caduto il fascismo, superate le
difficoltà inenarrabili del dopoguerra e della ricostruzione,
puntualmente, i nodi sono venuti al pettine e la ‘vexata quaestio’ è
tornata di grande attualità. Come dimostra il convegno di Arce che
ha fatto seguito ad analoghe iniziative. ‘Quid est Ciociaria’
dunque? Difficile dirlo e, soprattutto, arduo tentare di trovare un
accordo tra i ‘belligeranti’. Anche perché la Ciociaria continua a
rimanere un concetto molto variabile: alla stregua di un elastico
ognuno la tira da una parte o dall’altra, facendosi interprete
soltanto dei propri convincimenti.
E così, come per incanto, puó restringersi o allargarsi a seconda di
chi conduce il gioco. Come, del resto, già avevano fatto, nelle
epoche passate, geografi, storici, cartografi e redattori di mappe.
Stando così le cose, difficilmente, si riuscirà a trovare il bandolo
della matassa. Anche perché quella ‘barriera’ continua ad ergersi
imponente ed invalicabile o quasi. Se non sopraggiungeranno
radicali, ma assai improbabili, mutamenti di carattere
amministrativo (il progetto della nuova provincia bipolare
Cassino-Formia, con l’insediamento del governo Prodi, sembra, ormai,
definitivamente tramontato), l’antica contraddizione continuerà a
rimanere in piedi. Dovremo rassegnarci, quindi, ad una provincia
profondamente divisa nel suo interno? Oppure, prima o poi, le
diverse anime riusciranno a convergere su qualche punto comune? Ai
posteri, come sempre, ‘l’ardua sentenza’.
***
E se fosse solo un’invenzione letteraria?
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La Ciociaria secondo l'APT di Frosinone |
Una ulteriore domanda, tra quelle
in apertura dell’articolo di Riccardi, vorrei porla io: ma esiste
davvero una regione geografica, storica, culturale, etnograficamente
riscontrabile, che si possa chiamare “Ciociaria”?
Già altre volte, nel passato, mi è toccato dover richiamare l’Ente
provinciale del Turismo che si ostina a denominare ciociaro l’intero
territorio della provincia di Frosinone, identificando, di fatto, la
Ciociaria con la stessa provincia: per esempio nei programmi delle
attività riguardanti tutti i comuni della provincia usa scrivere
“L’estate Ciociara”, “Natale in Ciociaria” o simili, mostrando di
ignorare che la presunta Ciociaria si è soliti estenderla fino al
litorale pontino – dunque ben oltre i confini provinciali – e che il
territorio del Cassinate ne è stato sempre ben al di fuori.
Voglio subito precisare che non sono tra coloro che conferiscono una
valenza disdicevole all’appellativo “ciociaro”; ritengo, anzi, che
quelli che abitano il territorio della presunta Ciociaria debbano
essere fieri delle proprie tradizioni, della propria cultura e della
propria lingua (tanto spesso derisa), a differenza di tante altre
realtà territoriali senza storia e senza anima.
Tornando alla questione, mi viene da pensare che con i confini che
fluttuano ora di qua, ora di là – come si puó desumere anche dalle
note che seguono –, in realtà la regione Ciociara sia solo una
“invenzione” culturale artificiosamente giustapposta su un’area
geografica che ha ben altre origini e connotazioni, comprendente
dapprima il Latium adiectum e poi i paesi di Marittima e Campagna;
senza tralasciare il corpo socio culturale e politico rappresentato
dalla ex Terra di Lavoro, che si incuneava in profondità
nell’attuale provincia fino a costituirne un settore considerevole.
Sarà stata una “invenzione” dei Romani del sec. XVII? Sarà stata
un’operazione di carattere dotto e letterario? Sarà del tutto
sballato il mio parere?
Questo lo lascio alla discussione che, spero, possa proseguire.
Emilio Pistilli
I brani che seguono forse non
fanno testo, rappresentano, tuttavia, delle convinzioni assai
diffuse.
La Ciociaria Storica
Senz’altro si deve precisare che tra i vari popoli che hanno
acquisito una propria individualità storico-culturale nella nostra
penisola, deve essere annoverato certamente il popolo ciociaro, che
per vari, motivi, si deve ritenere abitasse quasi tutto il Lazio
meridionale, comprendente l’intera e attuale provincia di Latina, la
parte della provincia di Frosinone alla destra del Liri e buona
parte della provincia di Roma, a sud della capitale.
(Dal programma del Palio della
Ciociaria Storica del 23-24-25 settembre 2005 a Paliano)
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A partire dal secolo XVII entrava
nell’uso letterario-folkloristico, il termine “Ciociaria” (nome
derivante da una tipica calzatura di cuoio, la “ciocia”, che usavano
i pastori e i villici nei lavori dei campi). Lo spazio geografico
“Ciociaria” verrà ridotto, idealmente, con l’istituzione della
Provincia di Frosinone nel 1927 escludendo così le zone a nord,
dalla valle dell’Aniene a Palestrina, Segni, Carpineto, che sono
rimaste sotto la giurisdizione della Provincia di Roma, e dalla zona
da sud-ovest al mare, che dal 1934 fa parte della Provincia di
Latina.
(http://www.ciociariaturismo.it/storia.htm
: “il portale turistico ufficiale della Ciociaria”)
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La Ciociaria secondo l'Amministrazione
provinciale di Frosinone del 1957 |
"Alla ricerca di un regno ciociaro"
Se con il termine di Ciociaria gli eletti "dell'Urbe" hanno inteso
indicare, ed in senso dispregiativo, quel territorio abitato da
contadini e pastori portatori di cioce, sicuramente essi non hanno
avuto in animo una precisa demarcazione oltrepassata la quale uno
che calzasse, di lì, le cioce fosse detto, magari, "signore" e non
ciociaro. Ma c'è di più: quel secolo XVII dal quale incomincia a
prendere consistenza la denominazione di Ciociaria, limitando la sua
attenzione ad una parte di Lazio, non considera alla stessa stregua
territori come quello della Campania, della Calabria e delle
montuose regioni balcaniche1 dove si faceva ugualmente uso delle
cioce, se oggi è la sola provincia di Frosinone a dirsi ciociara.
La tentazione di individuare un regno ciociaro, comunque, è stata
sempre forte. C'è chi indica una configurazione territoriale che dai
Colli Albani tocca i Monti Prenestini ed Ernici ad est, i Monti
Lepini ad ovest e lo sbocco della valle del Liri a sud, oltre
Frosinone, fino a Roccasecca, ad Arpino, a Rocca d'Arce, a Ceprano2.
C'è chi la vede corrispondente, all'incirca, all'area occupata dalla
Valle del Sacco e dalle colline che la fiancheggiano, in una
denominazione geografica propria che è quella di Valle Latina3.
Nella descrizione del Lazio di Roberto Almagià4 si riscontra,
testualmente, che: "Due denominazioni in passato frequentemente
applicate anche con valore amministrativo, non appartengono più
all'uso attuale. Né risponde ad esattezza che, come alcuni hanno
ritenuto, il nome di Campagna sia approssimativamente equivalente a
quello di Ciociaria".
Quest'ultimo nome non è di uso antico. Antichissimo è certamente
l'uso delle caratteristiche calzature chiamate cioce e da queste
deriva l'appellativo di Ciociari. Ma come nome territoriale,
Ciociaria - che sarebbe dunque il paese dei Ciociari - comincia a
trovarsi documentato solo nei secoli XVII e XVIII e non nell'uso
degli stessi abitanti; esso è in uso a Roma e si trova nella
letteratura italiana e straniera, ma con applicazione, piuttosto
incerta, a un territorio che si fa corrispondere solo
approssimativamente alla Valle del Sacco ed al paese collinoso e
montuoso che a questo fiume si affianca sulla sinistra. Alla Valle
del Sacco, in particolare, si applica il nome di Valle Latina; ma è
una denominazione dotta, usata dai geografi, non certo popolare.
Altri, invece, la identificano "nel cessato feudo dei Colonna",
principi di Paliano e Sonnino, "quando il brigantaggio realizzò una
sorta di enclave sopranazionale tra Stato Pontificio e Regno di
Napoli"5. Starebbe quindi ad indicare quell'isola tra Stato
Pontificio e Regno che non sarebbe rimasta legata a confini fisici e
politici, bensì a confini letterari.
Il Devoto afferma6 che il nome di Ciociaria sembra confinare la
storia della regione nei limiti della storia medievale e nell'ambito
di una visione romanesca". Ed aggiunge che "nella storia antica la
Ciociaria è la regione dove due grossi itinerari si sono incrociati.
Il primo è quello della via, detta poi Latina, che da Cassino
conduce a Palestrina e a Roma. Il secondo è quello della Valle del
Liri attraverso la quale nel V secolo a.C. sono discesi i Volsci
che, minacciando Roma con la forza delle armi e con l'isterilimento
culturale, hanno dato alla regione quella caratteristica che le è
rimasta anche dopo la sottomissione".
Una visione territoriale più ampia della Ciociaria ce la dà Anton
Giulio Bragaglia7. Egli afferma che il territorio ciociaro si
estende dai Colli Albani ai Monti Aurunci e dall'Appennino abruzzese
al mare. Configura la Ciociaria con il Lazio Aggiunto al quale
indica l'Aniene come confine ciociaro con Roma. Precisando che
Subiaco è ciociara, afferma che i romani chiamano ciociari persino i
Sabini di Anticoli Corrado; e, dopo aver indicato la catena dei
Lepini come la spina dorsale di quel vasto corpo ovale descritto,
precisa che "dove la Ciociaria finisce verso i Monti Aurunci è
difficile fissare". Tivoli ad est di Roma, Subiaco ancora più in là,
dove trovasi situata ad est di Tivoli; i Lepini come spina dorsale
di un territorio che chiude a sud verso gli Aurunci per risalire,
dal lato del mare, fino alle porte di Roma; ma allora diciamolo con
tre parole: Campagna di Roma […]. Con questa individuazione del
Bragaglia, quindi, andiamo ad identificare la vecchia Ciociaria con
quanto esisteva sul territorio del Lazio, a sud di Roma.
Oggi questo grosso corpo ovale a me sembra fissato a sembianza di
rinoceronte. Lo vedo a nord, verso i Simbruini orientali, con i
comuni di Filettino e di Trevi nel Lazio a fargli da tubercolo comeo;
lo vedo in movimento sugli arti anteriori, brevi e robusti, che i
comuni di Amaseno e Vallecorsa disegnano sui crostoni Ausoni e su
quelli posteriori che il comune di Esperia a sinistra e quelli di
Ausonia e Coreno Ausonio a destra, tracciano sugli Aurunci.
Mario De Carolis
(Da La ciocia. Curiosità, usi, costumi e ricostruzioni nel tentativo
di capirne l'origine, Pontone, Cassino, 1995, pag. 23 sgg.) |
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1 E. Ricci, Almanacco di Ciociaria,
La Ciociaria, 2 Gennaio, Publiastra, Roma, 1978.
2 C. Marchetti Longhi, in: La Ciociaria dal V all'XI secolo, tratto
da "La Ciociaria Storia, Arte, Costume", p. 107, Editalia, Roma,
1972.
3 F. Merlini, Grande Dizionario Enciclopedico, fondato da P. Fedele,
IV, Ciociaria, p. 775, Torino, 1969.
4 R. Almagià, Le Regioni d'Italia, Lazio, pp. 197-198, Utet, Torino,
1966.
5 M. Colagiovanni, in: Ciociaria fin dove?, p. 10, tratto da
"Ciociaria ieri, oggi, domani...", Anno V, n. 3, Fascicolo n. 18,
Ente Provinciale del Turismo, Frosinone, 1985.
6 G. Devoto, Per la storia linguistica della Cociaria, tratto da "La
Ciociaria Storia, Arte, Costume ", p. 3, Editalia, Roma, 1972.
7 A. G. Bragaglia, in prefazione de: "I Ciociari" dizionario
biografico, di W. Pocino, Rorna, 1961. |