Con la nomina del 20 settembre
2007 da parte di papa Benedetto XVI, l’abate Bernardo ha dovuto
lasciare le antiche mura del monastero per assolvere al nuovo e
prestigioso incarico di Arcivescovo di Gaeta, sede rimasta vacante
per la rinuncia di mons. Pier Luigi Mazzoni per raggiunti limiti di
età.
Si tratta indubbiamente di una promozione – che potrebbe, chissà,
preludere ad ulteriore avanzamento –, ma uscire da Montecassino dopo
una permanenza di 54 anni e lasciare la diocesi per la quale si è a
lungo e intensamente lavorato non è cosa facile da accettare; “al
papa è impossibile dire di no” ha commentato egli stesso. Nel suo
“lì amavo tutti ...” c’è tutta l’amarezza per il distacco “immenso”,
anche se Gaeta è a due passi.
L’arcidiocesi di Gaeta è una sede certamente ambita da qualsiasi
vescovo: fu elevata ad arcidiocesi da Pio IX il 31 dicembre 1848. Ma
Montecassino, da sempre fulcro della spiritualità e della cultura
della vecchia Europa, dove “non si respira aria provinciale”, diceva
lo storico Giorgio Falco1, dove convengono le più alte personalità
del pianeta, dove si sono formati papi e cardinali, rifugio di
pellegrini e di re, Montecassino è altra cosa.
Essere abate a Montecassino
Quando nel1996 si prospettava un nuovo incarico dell’abate Bernardo
in altra diocesi ebbi a scrivere sul mensile Presenza Xna, da lui
fondato, “Essere l’abate di Montecassino non significa semplicemente
essere capo di una comunità monastica, né soltanto pastore di una
diocesi.
“È sicuramente qualcosa che va oltre l’importanza di impegni
pastorali e gerarchici.
“L’abate Bernardo è il 190° successore di Benedetto da Norcia, il
che vuol dire che è il continuatore di quella tradizione spirituale
ultramillenaria che ha rifondato l’Europa occidentale quando
l’umanità era alla deriva e che ha creato le premesse per una
civiltà fondata sui valori cristiani, valori che hanno generato il
moderno concetto del vivere insieme, all’insegna della tolleranza,
della solidarietà, della dignità della persona, della dignità del
lavoro e della cultura.
“Essere abate a Montecassino significa essere nell’ombelico della
cristianità, e nella culla della cultura europea; significa essere
custodi e responsabili di tesori inestimabili di arte, di storia, di
scienza, di religiosità. Affermare ciò non è retorica e la
dimostrazione viene dai milioni di visitatori e pellegrini che da
sempre salgono il sacro monte.
“Quelle mura hanno da sempre accolto gente di ogni ceto sociale e di
ogni provenienza, dall’umile pastore di greggi all’intellettuale, da
vescovi a papi, da politici a capi di stato. A ragione il Mabillon
definì il monastero “Principum ipsorumque regum diversorium ... et
opportunum a saeculi turbinibus asylum”: rifugio di principi e re,
riparo dalle tempeste del secolo.
“Da quelle mura sono usciti monaci che hanno dato un’impronta
indelebile al corso della storia occidentale: basti ricordare che
solo nei secoli undicesimo e dodicesimo Montecassino ha dato alla
Chiesa di Roma ben tre papi, ventotto cardinali, quaranta fra
vescovi ed arcivescovi.
“Che dire poi dei privilegi concessi dai papi agli abati di
Montecassino da oltre mille anni, quale quello di sedere al primo
posto tra gli abati nelle riunioni dei vescovi e dei principi, o di
esprimere per primo il proprio giudizio nelle assemblee di tutto
l’ordine benedettino, o che il suo monastero sia sottomesso alla
sola autorità papale e a nessun’altra chiesa (“nullius alterius
ecclesiae”)?
“A ragione, dunque, l’abate Gerardo nel 1.122 ebbe a dire a Ponzio,
abate dei Cluniacensi: “Mallem prius esse Decanus Casinensis, quam
Abbas Cluniacensis”2: preferisco essere decano a Montecassino
piuttosto che abate dei Cluniacensi.
“Essere abate a Montecassino, quindi, significa assumersi prestigio
e responsabilità, non solo verso i fedeli della diocesi, ma nei
confronti del mondo intero”3.
Dunque mai promozione sarà stata più sofferta: pur capovolgendo il
detto latino promoveatur ut amoveatur in amoveatur ut promoveatur,
lo si sposti per poterlo promuovere, resta tutta l’amarezza per il
distacco: amarezza sua e rincrescimento per i fedeli della diocesi
di Montecassino, che ormai vedevano in lui un punto certo di
riferimento, non solo religioso.
I precedenti
Puó apparire inusuale – ma non lo è – il trasferimento di un abate
di Montecassino ad altra sede. Si è verificato spesso il contrario:
ultimo esempio è l’abate Rea da Cava de’ Tirreni a Montecassino; in
questi casi si è trattato praticamente di una promozione, visto il
prestigio dell’abbazia cassinese. Un caso contrario, invece, analogo
a quello di Bernardo D’Onorio, e ultimo in ordine di tempo, lo
ritroviamo con l’abate Michelangelo Celesia da Palermo, al secolo
Pietro Geremia, che fu abate di Montecassino dal 1850 al 1858,
quando fu nominato, da Pio IX, vescovo di Patti; però non gli fu
consentito di prendere subito possesso della diocesi per motivi
politici: aveva rifiutato di giurare fedeltà al governo italiano;
solo qualche anno dopo fu amnistiato e raggiunse la sua sede. Nel
1871 Celesia fu arcivescovo di Palermo (nominato ancora da Pio IX,
che, guarda caso, aveva istituito anche l’arcidiocesi di Gaeta) e
nel 1884 cardinale.
***
L’abbazia di Montecassino è
definita “abbazia territoriale” perché comprende e sovrintende ad un
territorio diocesano4; il suo abate, dopo la conferma nella nomina
da parte del papa, è a tutti gli effetti ordinario, cioè all’interno
dei limiti del suo territorio ha, con poche eccezioni, i diritti ed
i privilegi di un vescovo. A volte, per equiparare del tutto la
funzione di ordinario a quella di vescovo, gli abati sono stati
nominati vescovi su una diocesi non più esistente ma della quale è
rimasto il titolo: è, questo, il caso degli ultimi abati del secolo
precedente, da Gregorio Diamare allo stesso Bernardo IV D’Onorio da
Veroli, che il 25 aprile 2004 fu fatto vescovo titolare di Minturno.
Nella serie dei suoi 190 abati Montecassino annovera numerosi
cardinali e alcuni papi: Stefano IX (Federico di Lorena) 1057-1058,
Vittore III (Dauferio, poi Desiderio, da Benevento) 1086-1087,
Urbano V (Guillaume de Grimoard) 1362-1370, cui si puó aggiungere
Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici) 1513-1521 che da papa volle
farsi abate di Montecassino.
L’abbazia è definita anche “nullius” perché, come già detto, non
dipende da alcuna autorità ecclesiastica locale ma fa capo
direttamente al papa. Si tratta di particolari privilegi risalenti
al lontano medioevo.
Bernardo Fabio D’Onorio: cenni biografici
Riportiamo qui la breve scheda biografica di Bernardo, al secolo
Fabio, D’Onorio tratta dal Bollettino della Santa Sede del
20.09.2007.
rinunce e nomine
Rinuncia dell’Arcivescovo di Gaeta (Italia) e nomina del successore.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale
dell’arcidiocesi di Gaeta (Italia), presentata da S.E. Mons. Pier
Luigi Mazzoni, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto
Canonico.
Il Papa ha nominato Arcivescovo di Gaeta (Italia) S.E. Mons. Fabio
Bernardo D’Onorio, O.S.B., finora Vescovo titolare di Minturno ed
Abate Ordinario di Montecassino.
S.E. Mons. Fabio Bernardo D’Onorio, O.S.B.
S.E. Mons. Fabio Bernardo D’Onorio, O.S.B., è nato a Veroli, diocesi
e provincia di Frosinone, il 20 agosto 1940. All’età di 13 anni è
entrato nell’Abbazia di Montecassino come alunno monastico. Ha
compiuto gli studi ginnasiali, liceali e teologici presso l’Istituto
Teologico della medesima Abbazia. Nel 1962 ha emesso i voti
monastici il 30 settembre 1962 ed il 4 giugno 1966 è stato ordinato
sacerdote.
Ha frequentato i corsi presso la Pontificia Università Lateranense,
conseguendo il Dottorato in Utroque Iure. Nella comunità monastica
ha svolto i seguenti incarichi: Segretario dei due Abati Ordinari di
Montecassino, i Vescovi Rea e Matronola, Direttore dell’Ufficio
catechistico e del Bollettino diocesano, Notaio e Difensore del
Vincolo nel Tribunale diocesano, Docente di Diritto Canonico
nell’Istituto dell’Abbazia e di Storia dell’Arte nell’annesso Liceo
Classico. Ha fondato il mensile “Presenza Cristiana”.
Il 25 aprile 1983 il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha confermato
l’elezione di Bernardo D’Onorio ad Abate e lo ha nominato Ordinario
dell’abbazia territoriale di Montecassino.
È stato Membro della Commissione Episcopale della CEI per la Vita
Consacrata e della Commissione Episcopale mista Vescovi-Religiosi.
Nominato Vescovo titolare di Minturno il 25 aprile 2004, ha ricevuto
la consacrazione episcopale il 16 maggio dello stesso anno.
Attualmente è Consultore della Congregazione per il Culto Divino e
la Disciplina dei Sacramenti e Membro della Commissione Episcopale
per la Liturgia della Conferenza Episcopale Italiana. Inoltre è
Presidente della Commissione per l’Edilizia Sacra e i Beni Culturali
della Conferenza Episcopale del Lazio e Membro del Consiglio
Direttivo dell’AMEI (Associazione Musei Ecclesiastici Italiani). È
autore di diverse pubblicazioni di carattere pastorale ed artistico.
N. B. – per approfondimenti biografici sull’arcivescovo Bernardo
Fabio D’Onorio si rinvia al mensile “Presenza Xna” (da lui stesso
fondato) n. 10 (ottobre) 2007, pagg. 10-12, oppure on-line alla
pagina:
http://www.korazym.org/news1.asp?Id=25319 del sito web:
www.korazym.org.
Lettera Apostolica di nomina
Benedetto, vescovo, servo dei servi di Dio, al venerabile fratello
Fabio Bernardo D’Onorio OSB, sino ad oggi vescovo titolare di
Minturno e abate ordinario dell’abbazia territoriale di Montecassino,
trasferito alla sede arcivescovile di Gaeta:
Salute e apostolica benedizione
Noi, eletti alla cattedra di San Pietro e solleciti della salvezza
spirituale di tutti i credenti in Cristo, riteniamo di dover
provvedere all’antica e ínsigne Chiesa arcivescovile di Gaeta,
vacante per la rinuncia dell’eccellentissimo Pier Luigi Mazzoni. E
poiché tu, Venerabile fratello, provveduto di molte doti e
largamente fornito di esperienza pastorale, sei parso degno di
esserne posto a capo, su consiglio della Congregazione dei vescovi,
per la potestà Apostolica, ti sciogliamo dal vincolo che ti lega
alla sede di Minturno e dall’officio di abate ordinario di
Montecassino e ti nominiamo arcivescovo di Gaeta con tutti i diritti
e obblighi relativi.
Vogliamo che tu faccia leggere questa lettera al clero e al popolo a
te affidati, che esortiamo ad accoglierti con gioia e a rimanerti
uniti come figli diletti.
Venerabile fratello, che sin dall’adolescenza sei stato educato alla
scuola del servizio del Signore nel celeberrimo Archicenobio di
Montecassino, tanto caro ai nostri predecessori e a noi, sostenuto
dai sette doni dello Spirito Paraclito, pasci i fedeli affidati alla
tua cura con affetto di Padre, insegnando loro anzitutto con
l’esempio della vita affinché nulla antepongano all’amore di Cristo
e, colmi di gioia, sentano di essere guidati dal
Suo fedele ed eterno amore.
La Vergine Maria Immacolata, “raggiante porta del cielo”, sia
propizia a te e a codesta comunità ecclesiale.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno venti settembre dell’anno
del Signore duemilasette, terzo del nostro pontificato.
Benedetto Papa XVI
Gli abati di Montecassino del dopoguerra
La serie degli abati della nuova era, quella che inizia dall’ultimo
dopoguerra, si apre, quasi emblematicamente, con l’abate che ebbe la
sventura di assistere alla distruzione della “casa del padre” e che
ne volle l’immediata ricostruzione, l’abate Gregorio IV Diamare
da
Napoli. Egli nacque a Napoli il 13 aprile 1865; da giovane
universitario decise di farsi monaco a Montecassino dove fu posto a
guida del collegio. Ricevette la nomina a successore dell’abate Krug
con la bolla pontificia del 29 luglio 1909: fu nominato vescovo di
Costanza d’Arabia il 12 marzo 1928. Tra le sue più importanti
realizzazioni vanno ricordati l’Oratorio Cattolico per l’educazione
dei giovani, la “mensa dei poveri”, dove ognuno poteva
avere un
piatto caldo, la fondazione del periodico “Il Bollettino Diocesano
di Montecassino”; la sua bontà, la sua umiltà e l’innata affabilità
lo resero grande educatore di giovani, dei quali fu padre
spirituale. Durante la tragedia della guerra non volle abbandonare
il monastero; lo fece solo quando, miracolosamente scampato dalle
rovine, il 16 febbraio 1944 dovette cercare rifugio altrove.
Sopravvisse alla guerra solo per dare l’avvio all’opera della
ricostruzione. Morì in S. Elia Fiumerapido il 6 settembre 1945.
A continuare tale opera fu chiamato l’abate Ildefonso Rea, l’uomo
della provvidenza come si dirà poi; già abate di Cava dei Tirreni,
fu trasferito a Montecassino il 21 novembre 1945. Nato ad Arpino il
14 gennaio 1896, fu professo a Montecassino il 17 ottobre 1915;
sacerdote nel 1921, fu abate in Cava Dei Tirreni dal 22 febbraio
1929. Il 12 marzo 1963 fu nominato vescovo di Corone, nel
Peloponneso. Di professione ingegnere e coadiuvato dal monaco Angelo
Pantoni, anch’egli ingegnere, legò il suo nome alla ricostruzione
del
monastero, secondo il motto “dov’era e com’era”, e alla
rinascita della diocesi, con la riedificazione delle numerose chiese
distrutte, e le relative case coloniche; avviò la restaurazione
morale e religiosa del popolo della diocesi. Non a torto fu definito
il novello Petronace, l’abate che riportò i monaci a Montecassino
dopo la distruzione longobarda dell’anno 584. Morì il 23 settembre
1971 dopo aver assolto al suo compito con fermezza e autorità.
A succedergli fu il suo stretto collaboratore, d. Martino Matronola,
il primo abate originario di Cassino, dove nacque il 2 novembre 1903
da Luigi e Teresa Martini che gli imposero il nome di Vittorio. Dopo
aver frequentato il locale liceo “Carducci”, fu professo in
Montecassino il 23 marzo 1926 e sacerdote il 29 settembre 1929; fu
nominato abate il 29 maggio 1971. L’8 maggio 1977 fu consacrato
vescovo di Torri di Numidia. Nel dopoguerra aveva diretto con
impegno le opere assistenziali della POA e dell’ONARMO a beneficio
delle popolazioni disastrate dalla guerra e dei ragazzi delle
colonie. Tutto il suo abbaziato fu a favore dei piccoli, degli
operai e dei diseredati. Governò la diocesi con umiltà e discrezione
fino al 1983; rinunciò all’ufficio di abate l’8 gennaio di quell’anno.
Morì in abbazia il 20 maggio 1994. Ci ha lasciato un’opera
fondamentale per la sulla tragica fine del monastero con il suo
diario sul bombardamento di Montecassino.
Raccolse il suo testimone, come tradizione ormai consolidata, il suo
ex segretario d. Bernardo D’Onorio da Veroli, nominato abate il 25
aprile 1983 e benedetto il 19 giugno successivo.
Lo stemma
Lo stemma arcivescovile di S. E. Mons. Bernardo Fabio D'Onorio
propone in modo eloquente l'originaria vocazione monastica
dell'eletto Presule della Chiesa diocesana di Gaeta.
Nella parte destra dello scudo si erge imponente il leone rampante,
simbolo della famiglia Anicia nella quale la tradizione pone i
natali di san Benedetto. A sinistra si staglia la torre che
rappresenta il Monastero di Montecassino, da cui promana come un
fiume la santità: del suo fondatore, anzitutto, e di coloro che,
aderendo alla spiritualità monastica, si incamminano alla scuola del
servizio del Signore.
Il cartiglio reca impresso: Nihil amori Christi praeponere, ovvero:
Nulla anteporre all'amore di Cristo. L’espressione è contenuta nella
Regola di San Benedetto (4,21; 72,11) mutuata dal celebre commento
al Padre nostro di san Cipriano, nel quale afferma: "Nulla anteporre
all'amore di Cristo poiché nulla Cristo ha anteposto all'amore per
te".
La sede vacante
A partire dal 20 settembre, essendosi resa vacante la sede
abbaziale, è il priore claustrale ad assumersi la giurisdizione del
monastero e della diocesi, della quale “ad normam iuris” diventa
amministratore, e che, nel caso attuale, è d. Faustino Avagliano,
priore nonché direttore dell’Archivio di Montecassino.
Messaggi dal CDSC
All’indomani della notizia della nomina ad arcivescovo il nostro
presidente Emilio Pistilli ha inviato i due seguenti messaggi a
Montecassino, uno a mons. Bernardo D’Onorio, l’altro al Priore
claustrale e reggente della diocesi d. Faustino Avagliano, ai quali
è legato da lunga e rispettosa frequentazione.
Cassino, 25 settembre 2007
A S. E. Bernardo D’Onorio
Arcivescovo di Gaeta
Caro Don Bernardo, sono stato
alcuni giorni fuori e solo ora spero di trovar la disposizione
d’animo giusta per farmi vivo dopo cotanto evento. Francamente non
so da dove iniziare, dibattuto, come sono, tra la gioia per l’alto
riconoscimento e la tristezza di un distacco così improvviso e per
me imprevisto.
È certo che il nuovo incarico è motivo di orgoglio non solo per Lei,
ma anche per noi “parrocchiani”: essere destinati a gestire la
gloriosa arcidiocesi di Gaeta non è da tutti: probabilmente il Santo
Padre ha visto in Lei la persona con le capacità, l’esperienza e
l’intelligenza necessarie per un compito che sarà senz’altro arduo;
arduo ma alla fine anche gratificante: le difficoltà non mancano
mai, ma il Signore premia sempre coloro che lo servono e Lei ora si
goda il suo premio – e chissà se poi non ne verranno altri ancora
più prestigiosi?! –.
La gioia, dicevo, ma anche la tristezza per una lontananza che, per
quanto, non eccessiva, sarà pur sempre un distacco. Immagino la Sua
sofferenza nel doversi separare dalla sua famiglia monastica, da
quella dei fedeli e dalle vetuste mura che per tanti decenni l’hanno
vista in fervente attività lavorativa e in silenziosa preghiera,
quelle mura tra le quali ha ricevuto i personaggi più insigni del
nostro tempo.
Ma provi anche Lei ad immaginare la nostra tristezza: non trovare
più lassù un punto di riferimento certo, una guida spirituale
autorevole ed un amico a cui rivolgersi per un conforto, uno scambio
di idee, un consiglio, non è cosa da accettare a cuor leggero.
Sono certo che la popolazione del Cassinate – cattolici e non – sarà
rammaricata e rattristata per il vuoto che lascia.
Tuttavia abbiamo tutti una certezza ed una speranza: la certezza che
non mancheranno occasioni per nuovi incontri e frequenti
“rimpatriate” a Montecassino e nella diocesi; la speranza che,
grazie alla Sua opera, le comunità del Cassinate e del Golfo, che
tanta storia hanno in comune, possano finalmente ritrovarsi insieme
e riscoprire i numerosi e solidi legami che da sempre li hanno
uniti, ma che da qualche tempo si erano affievoliti, perfino nel
ricordo. Forse grazie a Lei si potranno ripristinare quei rapporti
che nei primi anni Novanta si cercava di riallacciare con le
iniziative del Comitato “Pro Cassino provincia” di cui Lei era
presidente onorario.
La gioia e la tristezza troveranno sempre il giusto equilibrio
nell’operato della Divina Provvidenza.
Caro Don Bernardo – non riesco a rinunciare a questo approccio
familiare – anche a nome del Centro Documentazione e Studi Cassinati
onlus Le formulo le più vive felicitazioni e l’augurio di un
proficuo e soddisfacente lavoro nel Suo nuovo incarico.
Sempre fedelmente amico e sicuro estimatore
Emilio Pistilli
(Presidente CDSC onlus)
***
Al P. Priore
D. Faustino Avagliano
Abbazia di Montecassino
Caro D. Faustino, ho appena
inviato un fax al P. Abate (pardon: all’Arcivescovo) per esprimergli
le nostre felicitazioni e, nel contempo, il nostro dispiacere per il
distacco che non ci attendevamo. Parlo anche a nome degli amici del
CDSC onlus.
Ora tocca a Lei farsi carico delle responsabilità abbaziali e della
Diocesi. Da questo punto di vista, a parte il futuro che non
possiamo prevedere, sono certo che la Sua lunga esperienza, la Sua
nota abnegazione e l’intelligenza che tutti Le riconosciamo,
consentiranno di far fronte ad ogni necessità del momento e alla
gestione equilibrata e sagace sia dell’uno che dell’altra.
Immagino che questo complesso frangente La sottrarranno alquanto ai
Suoi diletti e preziosi studi, e di questo siamo un po’ tutti
rammaricati; tuttavia la Provvidenza troverà le vie giuste per ogni
cosa: basta aver fiducia. Noi, intanto, abbiamo piena fiducia in
Lei.
Caro D. Faustino, Le assicuro che Le siamo tutti molto vicini,
spiritualmente e non solo.
Con l’affetto e la stima di sempre Le rivolgo, anche a nome dei
soci, gli auguri fervidi di buon lavoro.
Emilio Pistilli
(Presidente CDSC onlus) |